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Il titolo, coniato su un ingannevole gioco di destrezza dei biscazzieri da fiera - strizzando però l'occhio al pomo di una mitica discordia fra tre dee presenta un piccolo enigma dato che le donne "in gioco" nel romanzo sono sette. Tre sono invece indubbiamente i padri putativi del protagonista Martino, il quale sembrerebbe essere addirittura il palio ambito dalle concorrenti, ciascuna delle quali ha in uno dei Padri - o nella Madre - il suo "padrino". Un altro piccolo enigma, per il lettore, è: Perché i cinque interessati si rifiutano, concordi, di far ricorso a quel moderno Oracolo di Ippocrate ch'è la Prova del DNA - che molte trame dei secoli passati, poliziesche o romantiche, manderebbe a carte quarantotto. Forse perché, come dice il Poeta: "Val meglio un Dio possibile che certo". O il Filosofo: "La certezza mortifica, il dubbio dà vita." Naturalmente, questa giocosa istoria (non forse gioconda) presenta diverse altre sorprese, altri risvolti, angoli o riboboli -fra cui una perfida parodia della più dannunziana opera del D'Annunzio (anch'essa giocata su tre sorelle) e un finale giallastro.